PAVIA PRIDE 2018
<<Mi chiamo Viola, sono una ragazza transessuale. Quest’anno ho compiuto 18 anni e ho iniziato la transizione. La mia famiglia è ancora un po’ angosciata e incredula, soltanto mia nonna ha capito subito, mi appoggia senza riserve. Le voglio tanto bene. So che il percorso sarà pieno di ostacoli, perché tutto è nuovo e complicato, i medici, gli avvocati, la burocrazia; e poi perché mi sto rendendo conto che essere quello che si è può diventare un lusso, e io non sono certo ricca. So che poi ci sarà la discriminazione feroce nel mondo del lavoro, il coming-out forzato quando andrò a votare, e persino agli esami universitari! Ora però so che in molte università il movimento lgbti ha ottenuto l’istituzione del doppio libretto, e questo mi rassicura. La settimana scorsa Cecilia mi ha raccontato la storia di Marcella di Folco, del MIT, degli albori del Movimento trans, delle incredibili battaglie degli anni Ottanta, e da allora sono più forte, nessuno può più fermarmi>>.
<<Nel 1972 avevo vent’anni e molta paura. Sapevo da tempo di essere gay ma non l’avevo detto a nessuno. Gli unici a saperlo erano i ragazzi che incontravo nei cinema, nelle ultime file della galleria, al buio: erano incontri veloci, in cui sfogavamo il nostro reciproco desiderio, ma che qualche volta, per buona sorte, diventavano storie d’amore clandestine. Stefano è stato uno dei miei amori clandestini. Il 21 marzo di quell’anno mi ha detto: “Carlo, ci vieni con me a San Remo il 5 aprile? andiamo a fare casino a un congresso di sessuologi bigotti!”
Non ci sono andato perché avevo paura di mostrare la mia faccia, di essere riconosciuto. Dopo vent’anni ho capito le parole che Angelo Pezzana aveva scritto sulla rivista del Fuori!: “Il grande risveglio degli omosessuali è cominciato. È toccato a tanti prima di noi, neri, ebrei, ora tocca a noi. E il risveglio sarà immediato, contagioso, bellissimo!”. Mi sono perso l’inizio della rivoluzione, ma è stata quella rivoluzione a salvarmi>>.
<<Ludovica un giorno mi ha detto: “Bem, non ti credere, qui, un tempo, gli omosessuali venivano deportati nei lager o mandati al confino”. Allora io ho pensato al mio paese, al mio viaggio pieno di speranza, alla morte che ho rischiato più volte, in mezzo alla sabbia o in mezzo al mare; ai miei vent’anni, sapendo che ho rischiato di perderli perché volevo essere libero. Ora che posso essere me stesso, sono pronto a combattere da lontano perché anche in Ghana le cose cambino. Per cambiare le cose bisogna credere alla felicità; ed è qui che io ho cominciato a crederci>>.
<<È stato nel 2016, quando avevo 21 anni: il test ha parlato chiaro. Positivo. La terapia più efficace, oltre a quella prescritta dai medici, è stata poter confrontarmi con associazioni di persone LGBTI sieropositive. Mi sono sentito meno solo e ho trovato la forza di fare coming out anche sul mio stato sierologico. Non è stato facile ma oggi la mia viremia è zero, sono fidanzato con Alessandro e tra pochi mesi mi laureo. Poi faremo un viaggio e stiamo progettando di andare a vivere insieme. Ai pride di quest’anno sfilerò indossando una maglietta con scritto “positivo ma non infettivo”, con tutto il mio orgoglio>>.
<<Sono Paola, ho 17 anni, sono lesbica. Due anni fa, era il 2016 e avevo 15 anni, ho fatto coming-out con i miei genitori: mia mamma l’ha presa bene, mio papà no. Per fortuna mio fratello lo provoca spesso per farlo ragionare. Non essere accettata da mio padre per quello che sono è l’umiliazione della mia vita.
La battaglia più bella che ho combattuto è stata quella per il matrimonio egualitario: ricordo l’emozione di essere stata a testa alta in una delle cento piazze di “Svegliati Italia!”, ricordo la rabbia quando ho visto il parlamento del mio Paese votare una legge segregazionista, offensiva verso le famiglie omoaffettive e omogenitoriali. Una volgare concessione del potere, anziché una orgogliosa vittoria di tutta la società. Ma ricordo anche la gioia di Giulia e Martina, che si sono unite civilmente lo scorso settembre>>.
Le voci di Paola, di Carlo, di Viola, di Bem, di Luca sono alcune delle migliaia di voci, di facce, di corpi che hanno costruito la storia travagliata e meravigliosa del movimento e dell’identità LGBTI. Quarant’anni di vite, di battaglia, di amore che il Pavia Pride 2018 vuole celebrare. La nostra marcia di orgoglio e libertà vuole essere una riflessione, un dialogo tra le generazioni di persone LGBTI: le nostre storie e il nostro dolore, il nostro entusiasmo e la nostra lotta contro la violenza di chi ci vuole malati, sbagliate, pericolose o contagiosi. Esperienze diverse, a tratti e in apparenza distanti, ma tenute insieme dalla nostra voglia di essere quello che siamo, costi quel costi.
Il racconto e la riflessione sulle nostre generazioni d’amore è partito dalle ragazze e dai ragazzi più giovani, che si affacciamo oggi alla scoperta di sé e al desiderio di combattere per rivendicare la propria identità: giovani e giovanissimi, che hanno vissuto in prima persona le battaglie più recenti – dal matrimonio egualitario alla legge contro l’omotransfobia, alla battaglia di informazione nelle scuole, per combattere il bullismo omotransfobico, fino alla resistenza contro i seminatori d’odio del movimento no-gender – giovani lesbiche, gay, bisessuali, intersessuali, non binari, giovani che accolgono con coraggio la loro transessualità e cominciano il viaggio per arrivare a se stessi e a se stesse. E poi a ritroso negli anni, dalla lotta per la visibilità alla battaglia libertaria che sono ancora in corso e che hanno cercato e cercano di emancipare tutta la società dal maschilismo e dal sessismo, dal binarismo eteronormativo che ha negato la nostra stessa dignità e che sta alla base dell’odio omotransfobico. E ancora: gli anni atroci dell’Aids, l’identificazione dell’omosessuale con l’untore, la nostra storia della colonna infame. E ancora a ritroso, fino alle trans bolognesi che, insieme alle prostitute, sono uscite dall’ombra colorando gli anni Ottanta di provocazione e fame di diritti, fino ai campeggi libertari, in cui i nostri corpi nudi si prendevano gioco di una società sessuofoba e bigotta, e ancora indietro, fino a quell’indimenticabile 5 aprile, a San Remo, quando i pionieri, memori dei moti di Stonewall, ci hanno aperto la strada gridando al mondo: “Siamo qui, esistiamo, e da adesso in avanti bisognerà fare i conti anche con noi, la rivoluzione è cominciata!”.
Il Pavia Pride 2018 vuole rappresentarci tutte e tutti, mettendo al centro, come sempre, le nostre storie. Ci saremo, allacciati al filo di quello che siamo stati, per costruire insieme quello che saremo.
PAVIA PRIDE 2017
«Avevo dodici anni quando ho capito di essere lesbica. Da allora non l’ho nascosto a nessuno, nonostante vivessi e tutt’ora viva in un paese di 1500 abitanti. Da allora sono andata a molti Pride, a Milano, a Roma, a Napoli… Inseguendo i Pride ho girato l’Italia. Ai Pride mi sento libera, sento attorno a me una comunità felice, contribuisco con la mia voce all’urlo liberatorio che riempie il cielo sopra la città.
Al ritorno, però, mentre percorro la strada che mi riporta a casa, mentre sono ancora emozionata ed esausta, e commento con gli amici ogni dettaglio della parata, ho l’impressione di lasciarmi alle spalle anche quell’urlo, sento che il momento di libertà che ho vissuto resta lì, inchiodato sopra la città.
Quando arriverò a casa, sul muro del mio giardino ci sarà ancora il disegno di due vagine; mia madre continuerà a volermi bene e a vergognarsi di me: mi abbraccerà, mi dirà che mi capisce, ma quando Laura verrà a trovarmi, lei continuerà a chiudere le ante di tutte le finestre, ad aggirarsi per casa come una ladra, a parlare a bassa voce; noi rinchiuse al buio, fuori gli occhi che guardano.
Gli occhi di tanta gente che continuerà a scandalizzarsi in pubblico e a confidarmi in privato la propria solidarietà, l’apertura mentale da condividere in segreto, come fosse una trasgressione; e la mia famiglia sarà trattata con la stessa compassione di ieri – “non hanno colpe loro, poverini, sono cose che capitano”. Voglio dire: continuerò ad essere la lesbica del paese».
Una storia come tante altre, quella di Teresa, dalla quale sono scaturite molte domande: Che cosa vuol dire essere una “lesbica di paese”? La vita di una persona LGBTI cambia se è vissuta in provincia? Che cosa comporta vivere un’identità storicamente avversata dal potere, come le identità LGBTI, in un luogo che sta al margine, in una realtà lontana dal centro, e quindi dal potere stesso? Che cosa significa, per una persona LGBTI, stare in un luogo in cui il cambiamento penetra con più fatica, forse perché è un luogo lontano da dove il cambiamento è elaborato e vissuto? Vivere la propria visibilità, in provincia, vuol dire interrogare tutta la propria comunità, significa dover vivere un protagonismo nei discorsi, nelle curiosità, nel giudizio di tutti; ed esporre anche i propri familiari alle stesse curiosità e agli stessi giudizi: che cosa significa questo per una persona LGBTI?
Il lavoro di Arcigay Pavia “Coming-Aut” sul tema “LGBTI e provincia” è partito da queste domande, dal racconto di Teresa, dalle testimonianze di molti altri attivisti, simpatizzanti e utenti dell’associazione; e si è arricchito grazie alle attività che l’associazione ha portato avanti nei paesi più piccoli, fra le persone che vivono distanti. Un tema che ha preso piede in molti e profondi momenti di riflessione, che ha stimolato fantasia e discussioni e che è diventato così centrale, soprattutto qui e soprattutto oggi, da meritare di diventare titolo e tema del Pavia Pride 2017.
Il Pavia Pride del prossimo 10 giugno sarà un pride di storie, storie raccontate da un margine che non è soltanto dolorosa lontananza, ma è anche, e forse sorprendentemente, un luogo di libertà.
Storie comuni, storie stravaganti, storie di quotidianità, storie notturne, storie di tortura e di morte, storie di serenità e di pazienza e lunghe storie d’amore.
Nella provincia, in tutte le province del mondo, ci sono uomini e donne che hanno una storia da raccontare.
Barbara ed Elena, in primavera, diventeranno una formazione sociale specifica; Elena ha scelto l’abito bianco, Barbara no: “piuttosto ci vado nuda” ha detto.
Quando Lorenzo ha fatto coming out con sua madre, lei gli ha sputato addosso.
Marco è un transessuale e fa il maestro; quando è entrato per la prima volta nella sua classe stava già portando avanti la transizione. Di questo ha discusso molto con le colleghe e i colleghi, e la dirigente scolastica ha voluto confrontarsi con lui a tutto campo. Ora Marco è vicepreside della sua scuola e un attivista per i diritti LGBTI.
Carlo, Ibrahim e Alessandra si erano innamorati il 13 agosto, da qualche parte in Puglia, forse a Ostuni: da allora tutto è molto complicato, ma adesso hanno una casa nuova in via Volta, un senso profondo di accoglienza reciproca e una gatta; il tabaccaio in fondo alla strada li chiama: “La Trinità”.
Lucia, la figlia di Maria e di Carmen, ha giocato tutto il pomeriggio con Giacomo: le loro famiglie si sono conosciute grazie alla Rete Genitori Rainbow, insieme lottano per il riconoscimento della genitorialità LGBTI, e ogni sabato pomeriggio si trovano sulla Greenway a fare un giro in bici e a mangiare pane burro e marmellata.
Diego ed Enzo, dopo una vita insieme, hanno deciso di sposarsi; in Portogallo.
Anche se ha chiuso tardi lo studio ed è stanco morto, stasera Mattia farà un salto in riva al fiume: ne ha bisogno perché quel luogo gli ricorda i suoi vent’anni, e perché, nonostante le chat abbiano soppiantato il passeggio, si può ancora trovare qualche buon amante, e qualche ora di fantasia e di libertà.
Qualcuno dice che gli omosessuali sono nemici di Allah, per questa ragione, a Barzak, in Iran, Sahadat è stato condannato a morte. Aref voleva bene a Sahadat ed è fuggito: ora ha ottenuto l‘asilo politico in Italia e abita a Pavia, in viale Campari.
Paolo aveva dei genitori omofobi, così un giorno ha deciso di camminare sui binari del treno mentre passava il treno.
Ferdinando è di Bressana Bottarone, e può dire di conoscere uno a uno tutti i 3.500 abitanti dal suo paese; in dieci anni ha trasformato un piccolo borgo nel comune più rainbow della provincia: ci è riuscito lavorando giorno per giorno, senza alzare la voce, coinvolgendo le istituzioni, appassionando la gente e l’amministrazione comunale a una battaglia per la dignità e i diritti di tutti.
Luisa oggi ha perso il suo lavoro di magazziniera; quando è arrivata a casa non riusciva nemmeno a parlare; avrebbe voluto chiamare Antonia, vederla, fare l’amore: ma loro si vedono soltanto a Pavia, dove Antonia studia medicina ed è orgogliosamente lesbica ma in paese, ci torna da eterosessuale.
Carla è in ritardo, il drag show a Voghera inizia tra un’ora e lei deve ancora scegliere la parrucca: anche stasera sarà bionda, è un dovere morale.
Tommaso ha iniziato la terapia antiretrovirale da circa un anno, va a curarsi a Milano – 60 km per andare e 60 per tornare: 120 km che lo separarano dai giudizi dei vicini, dai bisbigli per la strada, una migrazione terapeutica che gli risparmia di essere marchiato a fuoco. Una mattina della settimana scorsa, Samuele ha trovato un foglio in cucina, era appeso al frigorifero con la calamita che lui e Tommaso avevano comprato a Lisbona: “Viremia zero Amore duecento” c’era scritto, e il caffè, da quel giorno, ha un altro sapore.
“Sì, mio figlio è gay. Dov’è il problema?”, mentre lo diceva alle sue colleghe della pro-loco, Giuditta si è sentita orgogliosa di se stessa.
Cesare e Loris sono stati insieme per quarant’anni, insieme hanno girato il mondo e hanno cenato insieme per 14.600 sere di seguito; un pomeriggio, in una corsia del Policlinico San Matteo, il medico ha detto a Cesare: “suo cugino è morto”.
Marina frequenta il quarto anno al Liceo Cairoli; dopo che il gruppo scuola di Arcigay Pavia ha tenuto una lezione in Aula Magna, lei ha scritto all’associazione: “ho voglia di impegnarmi, di essere ancora più lesbica di prima!”; poi, due settimane fa, Marina ha sfiorato la mano di Sofia durante l’ora di matematica; quello stesso pomeriggio si sono baciate e ormai fanno progetti il futuro…
PER TUTTI NOI – 10 GIUGNO 2017 – PAVIA PRIDE
PAVIA PRIDE 2016
Manifesto Politico PAVIA PRIDE 2016
Il PaviaPride 2015 è stato, per la nostra città, una specie di coming out municipale e sociale, il giorno felice in cui Pavia ha gioito della propria inclusività, in cui si è scoperta e si è amata come città plurale, che sa accogliere e condividere le differenze. L’energia di quella giornata ci sta accompagnando verso il PaviaPride 2016: il tema del coming out vuole essere continuità ideale con quella festa liberatoria e libertaria; vuole essere solidarietà e incoraggiamento per chi ancora vive nell’ombra; e vuole promuovere il coming out come mezzo con cui ogni persona lgbt può avvicinarsi alla consapevolezza di sé: il primo atto di autocoscienza e di visibilità, e quindi il primo mattone per la costruzione di una società più giusta. Il coming out, per le persone lgbt, è un momento fondativo d’identità e di libertà, è un rito di passaggio individuale, un momento apparentemente privato, personale, ma che si riflette sul mondo intorno, facendosi potente gesto politico. Nel percorso di scoperta e accettazione di sé, le lesbiche, i gay, i bisessuali, le persone trans attraversano molti e diversi coming out. Il primo – e forse il più difficile – è il coming-out con se stessi: è la vittoria nella lotta contro la propria omotransfobia interiorizzata, spesso fomentata dalla realtà familiare e sociale, che ancora oggi, in molti contesti, propone l’eteronormatività come l’unica strada praticabile. Questo primo coming-out è seguito spesso da quello familiare, altrettanto difficile perché ostacolato dalla paura che l’amore dei propri genitori o dei propri congiunti possa essere messo in discussione dal pregiudizio. Una paura logorante, profondissima, difficilmente comprensibile per chi non l’ha vissuta, e che una volta vinta, segna un passo essenziale verso la propria affermazione e la propria libertà. Oltre sé, oltre la propria famiglia, c’è il mondo che abitiamo. C’è la scuola – dove troppo spesso bullismo e omobullismo sono la manifestazione, per il bullo e il suo bersaglio, di feroci e divaricate sofferenze. Chi, come noi, ha maturato anni di esperienza dentro le scuole, sa bene quanto il coming out produca consapevolezza e orgoglio di sé, il più potente scudo contro gli attacchi, la derisione o addirittura la violenza, e il più gioioso motore di inclusione fra i propri compagni di classe. C’è il luogo di lavoro – dove a una persona lgbt può capitare di essere circondata da maschilismo, pregiudizio, discriminazione. Essere se stessi, esprimersi per quello che si è, non soltanto migliora le proprie condizioni di lavoro, ma produce e afferma la cultura dei diritti. Per tutti. E poi ci sono i mille luoghi e contesti che ciascuno attraversa nella propria vita: il coming out stimola la visibilità e la visibilità è, sempre e in ogni caso, testimonianza; per coloro che ancora esaltano una società monolitica, costruita sull’imposizione di un’identità e non sull’eguaglianza nelle differenze, la visibilità delle persone lgbt è la prova che si stanno sbagliando, che escludono pezzi di realtà, storie, vite. Uno spiraglio di luce nella cecità del pregiudizio. Pensiamo al dibattito intorno alla legge sulle unioni civili: il coming out delle famiglie arcobaleno – il coraggio di mostrarsi insieme ai propri figli, la forza di gridare al mondo: noi esistiamo, i nostri bambini esistono, sono qui! – è stato il più commovente atto politico e la più rassicurante speranza per il futuro. Mettere al centro del nostro Pride il coming out significa anche stare al fianco delle persone lgbt sieropositive, a cui accade di subire forme di discriminazione non soltanto per l’orientamento sessuale, ma anche per la condizione di sieropositività: la libertà di dichiararsi sieropositivi senza subire discriminazioni è un indicatore che misura nel profondo il nostro progresso culturale: le nostre bandiere arcobaleno sventoleranno anche su questo fronte. Il PaviaPride 2016 vuole manifestare il desiderio della nostra comunità di essere parte viva e propositiva dentro una società che, per continuare ad avanzare sulla strada dell’inclusività, dell’eguaglianza, dei diritti, ha bisogno dell’affermazione della nostra differenza. Ripartire dal coming out significa consolidare le fondamenta della nostra battaglia, perché se è vero che il cambiamento è responsabilità di ciascuno di noi, è anche vero che per esercitare questa responsabilità abbiamo bisogno di essere liberi. Ripartiamo da qui: soltanto se le fondamenta sono solide, possiamo immaginare una casa abbastanza grande per tutti.
PAVIA PRIDE 2015
Manifesto Politico PAVIA PRIDE 2015
MANIFESTO PAVIA PRIDE 2015
“UN ABBRACCIO D’AMORE”
Il movimento LGBTI pavese, dopo dieci anni di lotte, è pronto a rinnovare la propria mobilitazione per riportare al centro del dibattito politico la rivendicazione dei diritti delle persone gay, bisessuali, lesbiche, transessuali ed intersessuali.
Scendiamo nelle strade di una città che sta lottando per essere più accogliente nei confronti di tutte le diversità. Vogliamo combattere l’imbarbarimento delle relazioni sociali, l’omologazione e l’impoverimento delle identità e dei comportamenti, la prevaricazione come modus operandi da parte di chi detiene il potere per continuare a violare o a negare i diritti. Ci ritroviamo oggi a impegnarci contro il dilagare di un pensiero iniettato di intolleranza, di sessismo e di razzismo anche nella nostra città. Vogliamo portare in piazza l’orgoglio di essere una minoranza che sta lottando per ottenere la visibilità e i diritti che le appartengono. Scendiamo per le strade di Pavia perché è nell’orgoglio che troviamo la forza di indignarci e di tenere lo sguardo fermo verso l’idea di una città e di un Paese migliore. Lo facciamo con grande abbraccio d’amore alla città che abitiamo e che vogliamo rendere terra accogliente per tutte le diversità.
Il Pride delle lesbiche, dei gay, delle persone trans, bisessuali, intersessuali è l’affermazione delle nostre differenze e di tutte le differenze. È il progetto di una società che su quelle differenze investe, nella ferma convinzione che proprio nelle differenze si trovi la ricetta per educare e creare un futuro migliore alle nuove generazioni. Il Pride pavese si inserisce in un’onda che investe tutta l’Italia da Nord a Sud e si pone in un quadro europeo di continuo avanzamento legislativo in tema di diritti LGBTI e nella pressante richiesta alle istituzioni parlamentari del nostro Paese, affinché anche l’Italia possa allinearsi allo standard di diritti riconosciuti in tutta l’Unione Europea.
A ciò si aggiunge il carattere peculiare di Pavia, una città che, per storia, tradizione e posizione geografica, è il ponte tra regioni e crocevia di cultura con il suo ateneo pluricentenario. Non una periferia bensì un centro di eccellenza universitaria e di ricerca. Vogliamo che Pavia fondi sulla cultura del rispetto delle diversità e dei diritti delle minoranze la sua identità.
Da Pavia lanceremo un messaggio inequivocabile: le battaglie per i diritti si combattono per vincerle.
Il Pride – la mobilitazione dell’orgoglio LGBTI – accanto ai movimenti delle donne, degli stranieri, delle persone disabili, dei lavoratori e delle lavoratrici, dei detenuti e delle detenute si pone in continuità con la lotta di liberazione che nel secolo scorso è riuscita a riscattarci dall’occupazione nazi-fascista, offrendo un esempio della grande energia democratica alla base dei valori fondanti del nostro Paese.
Le forze politiche, i partiti e le istituzioni non possono più ignorare le nostre chiare e forti richieste di parità, dignità, laicità e libertà. L’evidente evoluzione del tessuto sociale e civile, la crescente sensibilità dell’opinione pubblica, le pressanti richieste delle istituzioni europee e le recenti sentenze delle supreme corti italiane, indicano chiaramente la strada da seguire, in sintonia con alcuni punti dell’agenda storica del movimento LGBTI italiano ed internazionale.
Per costruire uno Stato pienamente di diritto ogni persona deve essere libera di vedere riconosciuto il proprio status e la propria autodeterminazione come individuo e nelle relazioni affettive. Per questo rivendichiamo:
il riconoscimento del matrimonio civile per le coppie formate da persone dello stesso sesso come sollecitato dalle sentenze 138/2010 della Corte Costituzionale e della 4184/2012 della Corte di Cassazione.
Per le nostre famiglie e per i nostri figli vogliamo:
l’estensione al partner o al genitore non biologico della co-responsabilità sul minore;
l’estensione della possibilità di adozione alle coppie formate da persone dello stesso sesso o a persone singole;
l’abolizione della Legge 40, definendo una nuova legge, che permetta l’accesso alla procreazione assistita per singoli e coppie, anche dello stesso sesso.
Vogliamo che la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere sia combattuta:
con l’estensione della Legge Mancino (n. 205/93);
con un sistema di interventi sui media;
con interventi formativi per i dipendenti di tutte le amministrazioni ed uffici pubblici, per gli insegnanti e gli operatori scolastici e per le forze di pubblica sicurezza;
con modelli educativi laici ed ispirati alla cultura delle differenze e con interventi tematici ad hoc nelle scuole di ogni ordine e grado.
Vogliamo che la legge 211/2000 istitutiva della Giornata della Memoria includa il ricordo dello sterminio sistematico di Gay, Lesbiche, Transessuali nei lager nazisti, insieme a tutti gli altri stermini dimenticati: Rom, Stinti, Disabili, Malati di Mente e Testimoni di Geova.
Vogliamo che le persone transessuali ed intersessuali possano trovare nelle istituzioni e nella società l’appoggio morale e materiale per vivere pienamente ed in maniera serena la propria identità di genere. In particolare vogliamo che:
le cure, l’assistenza e le terapie necessarie alla transizione di genere siano erogate dal sistema sanitario nazionale;
il cambio anagrafico del nome proprio e dell’identificativo di genere non comporti l’obbligo di interventi chirurgici per le persone in transizione sessuale ed intersessuali;
sia introdotta, in tutti i possibili campi applicativi, di natura pubblica o privata, la possibilità di scegliere identificativi di genere specifici per le persone intersessuali e transessuali;
sia prevista l’applicazione della direttiva europea 207/76 e della sentenza della Suprema corte europea del 30/04/96 sulla parità di trattamento per accesso, formazione, promozione professionale e condizioni di lavoro anche sulle persone che compiono la transizione di sesso;
la transessualità sia rimossa del D.S.M. V e dall’ICD-10, aderendo alla campagna Stop 2012 per la depatologizzazione del transessualismo e che per il trattamento vengano seguite le linee guida proposte al benessere dell’individuo;
sia abrogato l’articolo 85 del Decreto 773 del 1931 sul camuffamento e mascheramento in pubblico;
siano definiti ed attuati protocolli per l’accertamento delle condizioni di ispetto dell’identità di genere per le persone sottoposte a provvedimenti restrittivi;
siano avviate campagne di sensibilizzazione e informazione sulla transessualità, sull’intersessualità ed in particolare siano rispettate le Linee Guida Etiche per la gestione clinica di casi di Intersessualità, salvaguardando il diritto dell’autodeterminazione del singolo.
Vogliamo che i professionisti dell’informazione definiscano ed adottino un codice di autoregolamentazione per le materie LGBTI, come è stato già fatto per minore e minoranze etniche nelle Carte di Treviso e Roma.
Vogliamo che l’Italia diventi protagonista nel campo della difesa dei diritti umani nel Mondo, dando il massimo sostegno al lavoro dell’ONU per la depenalizzazione dell’omosessualità e per l’abolizione universale della pena di morte, ricordando che in taluni Paesi è prevista anche per i reati di omosessualità e transessualità
Vogliamo che anche l’Italia applichi pienamente la direttiva europea 85 del 2005 e le norme internazionali riguardo lo status di rifugiato per le persone perseguitate in patria per il loro orientamento sessuale e la loro identità di genere.
Vogliamo che Regioni e Comuni d’Italia garantiscano parità di condizioni riguardo gli interventi e i servizi attuati, per quanto di loro competenza, rimuovendo ogni discriminazione derivante dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere che comporti, quindi, l’impossibilità di accesso ad una piena cittadinanza delle persone LGBTI (con particolare riferimento alla sanità, all’assistenza economica, all’assistenza abitativa).
Vogliamo inoltre che gli Enti locali promuovano una corretta informazione e sensibilizzazione sulle malattie sessualmente trasmissibili e che siano aumentati i finanziamenti alle realtà che si occupano di cura ed assistenza alle persone sieropositive ed in AIDS.
Vogliamo che gli enti locali assicurino spazi e momenti di aggregazione, informazione e sensibilizzazione sulla cultura del mondo LGBTI incentivando, anche attraverso stanziamenti economici, le diverse espressioni culturali.
Il Pavia Pride chiede alla Regione Lombardia:
un piano di investimenti (anche in collaborazione con il Consiglio d’Europa e le Commissioni Europee) per azioni contro l’omofobia e la transfobia in accordo con l’ufficio Nazionale UNAR.
Il Pavia Pride chiede a tutte le amministrazioni locali della Provincia di Pavia:
l’adesione degli Enti locali al patto rete RE.A.DY;
il riconoscimento dei Registri delle Unioni Civili con tutte le tutele ad essi collegate in tutti i comuni della provincia pavese;
la trascrizione dei matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso residenti nei comuni della provincia di Pavia;
la piena attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, attraverso il potenziamento e l’applicazione di ogni forma di tutela possibile per quanto attiene l’accesso di lesbiche, gay, e transessuali/transgender al mercato del lavoro, la sicurezza sui luoghi di lavoro, la tutela dell’occupazione e delle garanzie contrattuali frutto di battaglie e conquiste sociali;
che venga garantito il diritto alla salute delle persone lgbti ponendo fine alle discriminazioni in campo sanitario, riattivando le campagne regionali d’informazione sulla prevenzione, garantendo i diritti delle persone sieropositive.
È con un abbraccio d’amore che sabato 6 giugno 2015 la comunità LGBTI festeggerà il primo Pavia Pride, da questo abbraccio continueremo a costruire una città che sia l’orgoglio di tutte le diversità e in cui non ci sia spazio per le discriminazioni.