Un tacco a spillo, forse una bottiglia di gin, forse un mattone. L’oggetto è consacrato alla leggenda. E al mito politico della comunità LGBTI+ è ormai consacrata quella notte ruggente di 50 anni fa, quando i gay, le trans, le travestite che si ritrovavano allo Stonewall Inn di Manhattan hanno cominciato la rivoluzione.
Sono passati cinquant’anni. Cinquant’anni di orgoglio, di rabbia, di visibilità, di lotta, di favolosità. Cinquant’anni in cui, giorno dopo giorno, abbiamo vissuto sulla nostra pelle e coi nostri corpi che cosa significa essere una comunità. Una comunità orgogliosa, che si cerca e che si costruisce: perché essere persone LGBTI+ ha significato e significa condividere una condizione sociale ed esistenziale, significa sentire una solidarietà reciproca, necessaria, spontanea; significa guardarsi e riconoscersi; significa lottare per la nostra libertà e la nostra dignità sociale; significa scardinare meccanismi di relazione radicati nel tempo e che nel corso del tempo hanno generato una società violenta contro le nostre vite, i nostri corpi, i nostri amori.
Comunità è conquistare uno spazio sociale. Quando, 15 anni fa, Federico, Gabriele, Giuseppe, hanno issato per la prima volta a Pavia la bandiera arcobaleno, le persone LGBTI+ della città e della provincia hanno scoperto di non essere sole, hanno realizzato la possibilità di unire la propria alla voce di tutt*.
Sotto quella bandiera, nel corso degli anni, si sono riunite migliaia di persone LGBTI+. Grazie a quella bandiera, la comunità LGBTI+ è oggi riconosciuta in città come una delle più vitali e appassionate realtà politiche e sociali del territorio.
Comunità è orgoglio e visibilità. Barbara, 10 anni fa, dopo l’ennesimo attacco politico, nella piazza principale della città, è salita su una panca di pietra, in piedi, fiera, ha sistemato il megafono e ha urlato: sono Barbara, sono lesbica. Nessuna prima di lei l’aveva fatto a Pavia; dopo di lei, Elena, Lucia, Gaia, e moltissime altre hanno trovato il coraggio e la gioia della visibilità. Soltanto le persone LGBTI+ possono comprendere fino in fondo l’importanza personale e politica di un coming-out pubblico, urlato, orgoglioso.
Comunità è solidarietà. Nel corso degli ultimi quindici anni, tanti ragazzi e uomini gay, tante donne lesbiche, tante persone trans, tanti e tante non binary sono arrivat* chiedendo ascolto, aiuto, supporto, e la comunità LGBTI+ c’era, con le braccia aperte, col cuore disponibile. Marco, quattro anni fa, era un ragazzo trans che aveva voglia di essere attivista: oggi il gruppo T è una realtà consolidata, un luogo sicuro dove chiunque stia cercando se stess*, chiunque si stia interrogando sulla propria identità di genere, può trovare persone che sanno, perché lo vivono, che cosa significa scoprirsi diverse.
Comunità è un porto aperto. Amos, Survy, Best sono arrivati dall’Africa in un mondo sconosciuto, complesso, spesso ostile. Hanno cercato la comunità LGBTI+ del territorio perché volevano essere al sicuro, perché sapevano che lì sarebbero stati uguali più che in qualunque altrove, perché avevano voglia di innamorarsi. Qualunque persona LGBTI+ sa e deve ignorare ogni confine, che sia geografico, culturale, sociale; la comunità LGBTI+ è transnazionale, aperta, umana, perché sa che cosa significa essere minoranza, sa che cosa significa essere diversità.
Comunità è allegria, è ballo, è festa, è libertà. Se è Carla Stracci a dettare il ritmo, la nostra danza diventa sberleffo verso chi ancora considera la nostra esistenza una perversione della natura. I nostri baci sono tutti i baci che ci sono stati negati, i nostri amori sono una sfida gioiosa, perché il nostro piacere non ha morale, le nostre emozioni sono libere, perché hanno dovuto liberarsi dal buio invisibile in cui erano state imprigionate per secoli.
Comunità è storia. I nomi e i gesti di chi ha aperto la strada dell’emancipazione, della dignità, della parità delle persone LGBTI+, sono oggi fotografie, immagini, voci, libri, musica: il nostro patrimonio identitario, la nostra cultura, la nostra memoria.
Comunità è lotta.
Il quinto Pavia Pride vuole celebrare la nostra comunità, con la memoria rivolta alle pioniere e ai pionieri del movimento, con la bandiera rainbow piantata nel presente, e con lo sguardo verso il futuro: una comunità aperta, che accoglie e vive tutte le differenze e le identità, uno spazio di libertà per ciascun*, un luogo di solidarietà e di lotta per tutte e tutti. Tutt* insieme favolosamente.
Per tutt* noi, 8 giugno 2019, Pavia Pride!